
È ormai quasi passato un decennio (se non di più) da quando Internet ha iniziato a imporsi quasi in ogni frangente della nostra vita. Quest’articolo non sarà uno dei soliti flussi di coscienza su quanto l’avvento di Internet, dei social media ecc abbiano cambiato il nostro modo di vivere e di relazionarci, ma è un articolo che vuole rispondere ad una domanda al centro dell’attenzione “il commercio offline è morto?”
La risposta è no!
Ma una domanda così complessa non può avere una risposta così concisa, c’è bisogno di argomentarla e offrire tutto quel ventaglio di spiegazioni che comporta un no così deciso. È un luogo comune credere che Internet abbia messo in crisi le vendite tradizionali: non tutte le persone fanno acquisti online, solo una parte di essi è in grado di effettuare corretti acquisti sul web. Il commercio tradizionale è entrato in crisi quando la situazione economica del paese si era aggravata: è dal 2008 che i consumi sono drasticamente calati.
Quanto appena detto viene confermato da una ricerca effettuata da Netcomm nel 2016, in cui si riscontra che:
- l’e-commerce vale ancora solo il 5% del totale del retail;
- il 95% del commercio passa ancora dai negozi tradizionali.
A questo dato poi, bisogna aggiungere quanto emerso dalla recente indagine di Google sulle abitudini degli utenti:
- il 30% delle ricerche provenienti da smartphone è di tipo locale – in zona;
- il 76% delle persone che cerca qualcosa nelle vicinanze visita l’attività commerciale entro 1 giorno;
- il 28% delle persone che visitano l’attività commerciale compie un acquisto.
Come dimostrano i dati, il web non è responsabile del calo delle vendite di un negozio, ma piuttosto è ormai parte fondamentale per aiutare a incrementarle. La pubblicità sul web è diventata molto gettonata, i costi sono medi (sì, la pubblicità costa anche su Internet) ma i benefici sono molti di più rispetto alla vecchia pubblicità.
Ad esempio sempre più pub e ristoranti sfruttano i social media per attirare i clienti e futuri clienti: negli anni sono cambiate le abitudini delle persone, per non restare fuori dal giro è necessario adeguarsi di conseguenza. Un nuovo alleato in questi cambiamenti di abitudine è sicuramente lo smartphone (quasi come se fosse diventato una nuova parte del corpo): durante le pause, a volte anche a lavoro è lo strumento più utilizzato dagli utenti. È da lì che si deve partire: app, messaggi pubblicitari, email, profili Facebook, profili Instagram.
Proprio Instagram ha rivoluzionato il mondo della moda: adesso non sono più solo le modelle a fare da pubblicità ad un prodotto ma anche gli influencer, una nuova categoria di persone che pian piano si sta imponendo nel mondo pubblicitario. Gli influencer o fashion blogger sono persone con molti follower (alcuni ne vantano anche diversi milioni) che con i loro post (foto, video, boomerang) riescono ad influenzare i loro seguaci e a far diventare di tendenza un prodotto. Sempre più case di moda scelgono i loro testimonial in questo modo, basandosi sul loro successo online per favorire il successo della loro azienda offline. Fare pubblicità adesso è molto più semplice di un tempo, costa meno e tutti possono pubblicizzare qualcosa, basta avere un certo numero di seguaci.
Il fashion blogger, l’influencer sono i lavori del nuovo millennio, favoriti dalla diffusione dei social media e dalla globalizzazione. Bisogna assecondare questa nuova linea di mercato per ottenere più vantaggi, sia nel commercio online sia in quello offline. Queste due tipologie di commercio sono interconnesse, possono anche esistere l’una senza l’altra ma indubbiamente daranno più risultati se unite in un’unica strategia di marketing.
Il marketing per essere efficace deve sfruttare tutte le possibilità di arrivare al cliente: se prima la maggior parte delle pubblicità (di servizi o prodotti) veniva inoltrata tramite la televisione, perché era il canale tramite cui era più semplice raggiungere un vasto bacino di utenza, adesso la pubblicità deve essere veicolata sugli smartphone. Attualmente tutti ne possiedono uno e tutte le persone, durante un break o un momento di noia, tendono a svagarsi con Facebook, Instagram e altri social network e app. Questo nuovo modo di fare pubblicità non è passato inosservato neanche ai proprietari di questi social network: spesso navigando su Facebook ci accorgiamo delle pubblicità che hanno invaso la homepage (alcune con l’etichetta “sponsorizzata”).
Cosa s’intende con il termine e-commerce
L’e-commerce è un’attività di transazione e scambio di beni e servizi effettuati mediante l’impiego della tecnologia delle telecomunicazioni e dell’informatica (Internet, Intranet, personal computer, televisione digitale).
Le transazioni relative ai beni fisici possono avvenire per via elettronica fino al momento del pagamento del bene acquistato, ma presuppongono quasi sempre attività tradizionali (come il trasporto e la consegna); questo non accade nel caso di beni digitali (software, file audio, file video) dove l’intero processo di scambio può avvenire interamente per via elettronica. Tra i servizi acquistabili elettronicamente, i più diffusi sono quelli relativi all’informazione (ebook, articoli), servizi bancari e finanziari, prenotazione di biglietti di viaggio o per concerti, spettacoli.
I mercati relativi all’e-commerce vengono distinti in tre categorie (che possono includere altre sottocategorie):
- Business to Business, fra imprese; tra le sottocategorie di questa sezione è il commercio Intra-Business che coinvolge un’azienda con sedi distribuite sul territorio o un insieme di aziende appartenenti allo stesso gruppo; il Business to Government, in cui la pubblica amministrazione acquista beni e servizi dal settore privato; il Government to Business, in cui le imprese private acquisiscono servizi offerti dalla pubblica amministrazione. La sezione Business to Business è la più sviluppata dell’intero sistema di e-commerce (80%);
- Business to Consumer, fra imprese e consumatori. Questa sezione riguarda beni come libri, CD, DVD, ma anche auto e beni digitali (musica e software on-line);
- Consumer to Consumer, riguarda principalmente mercati d’asta, in cui sia i venditori sia gli acquirenti sono individui (ne è un esempio eBay).
Come si è sviluppato l’e-commerce?
Lo sviluppo dell’e-commerce dipende molto anche dai paesi: è molto diffuso in America, meno in Europa. Per questo il suo sviluppo è segnato da diverse disparità che sono la manifestazione della diversità economica dei paesi. In quelli più sviluppati l’e-commerce ha avuto un grande successo; in quelli meno sviluppati ne ha avuto un pizzico in meno.
L’e-commerce si sta diffondendo anche tra le famiglie, sempre più giovani sono i promotori di questa tipologia di acquisti: gli adulti, da sempre più diffidenti verso la tecnologia, sono ancora un po’ scettici, ma spinti dai figli e dai loro nipoti stanno iniziando a compiere i loro primi, timidi, passi nel nuovo mondo del commercio online.
I vantaggi dell’e-commerce
L’ecommerce è vantaggioso per tutti:
- Per le imprese i vantaggi sono la riduzione dei costi di transazione, il rapido sistema di approvvigionamento che consente di ridurre le scorte di semilavorati e materie prime, l’acquisizione rapida e a basso costo di importanti informazioni sulle caratteristiche della clientela. Favorisce anche l’aumento del grado di competitività: anche le imprese localizzate in aree distanti possono ora competere con quelle locali.
- Per le famiglie i vantaggi sono in primis la riduzione dei costi di transazione, la possibilità di vagliare più scelte d’acquisto e scegliere quella con il miglior rapporto qualità-prezzo.
Infine l’e-commerce è vantaggioso anche per l’economia statale. Ma anche l’e-commerce ha lati negativi, i problemi sono principalmente di natura fiscale: l’allarme sta nel fatto che lo sviluppo dell’e-commerce potrebbe far aumentare l’erosione della base fiscale, specie per il ricavato da imposte applicate al momento della vendita di un bene o servizio.
Mercato online o mercato offline? Questo è il dilemma!
Il mercato online incide e aiuta tantissimo il mercato offline. Sempre più aziende, agenzie e negozi si avvalgono dell’aiuto di consulenti esperti di web marketing per far crescere potenzialmente la visibilità dei siti web e dei canali di comunicazione digitale riguardanti i loro servizi/prodotti.
È tutta questione di visibilità: questo nuovo concetto è arrivato chiaro sia agli utenti del web ma anche agli autori web. Google propone vari strumenti – a pagamento e non – per aumentare la visibilità di un sito web, e anche di una attività locale. Il posizionamento sui motori di ricerca è sia croce che delizia delle attività di servizi (come ad esempio le agenzie di noleggio auto). Un bravo consulente conosce il mondo dei Social Media, del Digital PR, della SEO e così via, e può aiutare nel creare una fitta rete di scambi e favori “digitali” (e non) capace di aumentare la visibilità del sito. Questi sono fattori imprescindibili che determinano il successo dell’attività e più in generale del servizio/prodotto offerto.
Un sito di successo non equivale al successo di ciò che propone come prodotto o servizio, non bisogna aspettarsi alcun miracolo da un sito ben sviluppato. Certo è che un sito gradevole alla vista, semplice da usare (al bando tutti quei siti web di difficile comprensione non solo per gli user più inesperti ma anche per quelli preparati) garantisce una certa apertura da parte del cliente; al contrario un sito di difficile comprensione, mal strutturato e inefficiente allontanerà il potenziale cliente, spesso suggerisce a quest’ultimo l’idea che un sito scadente possa corrispondere ad un servizio/prodotto scadente.
Ad ogni settore il suo social
Non tutti i settori rispondono ai social allo stesso modo, ogni settore deve scegliere la strategia commerciale in base a quale piattaforma (di mercato online od offline) gli sia più fruttuosa. Nel caso dei pub, di ristoranti o anche “chioschetto sforna-panini” (n.b. la storia di le avventure culinarie di Puokemed, da un semplice profilo Instagram di un ragazzo “cresciuto nella nzogna” ha poi aperto una panineria al Vomero) sono i social a farla da padrone: che sia Instagram o che sia Facebook (o SnapFood, nuovissima app) poco importa, l’importante è condividere la pietanza che si sta per mangiare.
L’hashtag #food conta più di 215.526.288 post, per non parlare dell’hashtag #foodporn che conta ben 119.334.459 post a dispetto delle aspettative che lo vedrebbero sì forte ma in percentuale nettamente minore. Sono numeri impressionanti e sono in constante aumento. La pubblicità che viene fatta sui social non parte solo dal proprietario del ristorante o dai suoi dipendenti, ma spesso giocano un ruolo fondamentale anche i clienti che, soddisfatti di come hanno mangiato, pubblicano foto dei loro pasti e le condividono sui diversi social network.
I social sono importanti ma non predominanti nei settori più disparati di prodotti e servizi. Un mondo a parte, ad esempio è rappresentato dai motori: che si parli di vendita o noleggio a lungo termine di automobili e veicoli a due ruote, a farla da padrone è il posizionamento del sito web in cui risulta necessario l’aiuto di un web counselor, con una chiara strategia di marketing. Per ottenere una buona indicizzazione e un buon posizionamento del proprio sito web bisogna conoscere a fondo tutti i segreti della SEO e non è possibile improvvisarsi. Le aziende di servizi, ad esempio, sono quotidianamente impegnate ad incrementare la propria attività offline non soltanto per allargare il giro d’affari ma anche per far sì che tutta questa notorietà acquisita si rifletta positivamente sul web facendo balzare i propri siti web in vetta alle SERP. Esistono determinate attività che quasi potrebbero far a meno di un reparto commerciale e avvalersi soltanto della visibilità sui motori di ricerca.
Ma esistono anche mercati, come quello dell’abbigliamento, dove la strategia vincente si ottiene combinando queste due citate sopra: posizionamento del sito web e uso assiduo dei social. È sempre più frequente vedere molti negozi (alcuni solo online) pubblicare foto degli abiti che vendono. E ci sono poi tante attività offline che utilizzano gli strumenti messi a disposizione da Internet per attrarre clienti verso il punto vendita “fisico”.
Altre nicchie di mercato come colossi della tecnologia, ad esempio Expert, Trony e altri, trovano molto utile utilizzare le newsletter e aggiornare tramite mail, riguardanti iniziative e sconti, per tenere sempre alto l’interesse e l’attenzione dei clienti.
In conclusione, a prescindere dal servizio o dal prodotto che volete servire (o acquistare) è sempre preferibile avvalersi dell’esperienza di un esperto di web marketing (o anche qualche influencer, se ne conoscete qualcuno) per far fruttare al meglio le disponibilità che offre la nuova tecnologia e, di conseguenza, il nuovo modo di intendere il marketing.
Autore: Tommaso Calemme di Rentoorent, per il TagliaBlog.